Pensioni, le ragioni dei sindacati

Anno nuovo, previdenza vecchia. Altro che 41 anni di contributi per tutti a prescindere dall’età: la famigerata legge Fornero resta in pompa magna, visto che nessuna delle promesse elettorali di governo è stata mantenuta e, anzi, in legge di bilancio al sistema sono state sottratte risorse cospicue, utilizzate per altre misure spesso discutibili, a partire dalla flat tax. Il tutto in maniera unilaterale e senza alcun confronto con le parti.

È questo il contesto, non proprio positivo, con cui i sindacati si apprestano a incontrare oggi (19 gennaio) il governo per discutere di previdenza. Da anni, inascoltate, le organizzazioni dei lavoratori chiedono interventi strutturali, in grado di superare le attuali rigidità, attraverso una riforma delle pensioni che dia maggiore equità e stabilità al sistema.

Cosa chiedono i sindacati

Il tavolo, ci dice Christian Ferrari, segretario confederale Cgil, “ci auguriamo possa essere un momento di confronto vero. Sarà necessario essere chiari sugli obiettivi che si vogliono realizzare, sui temi da sviluppare e sui tempi entro cui assumere delle scelte, per noi entro il Def, al fine di indicare le risorse e tracciare la traiettoria della riforma nella cornice della prossima programmazione economica-finanziaria”.

Quattro i temi su cui i sindacati chiedono di impostare il confronto e l’approfondimento anche attraverso la programmazione di specifici tavoli tecnici: “Giovani e sistema contributivo, flessibilità in uscita – con attenzione al lavoro gravoso e usurante, al lavoro di cura e delle donne e agli strumenti di accompagnamento alla pensione –, previdenza complementare e infine, non per importanza, il potere d’acquisto delle pensioni in essere” elenca il sindacalista.

Le proposte che i sindacati porteranno all’incontro sono quelle contenute nella piattaforma unitaria. E, dunque, oltre la necessità di modificare alcune scelte effettuate con la legge di bilancio, l’uscita flessibile a partire dai 62 anni, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la pensione di garanzia per i giovani e per chi ha carriere discontinue e povere, il riconoscimento del lavoro di cura e delle donne, il pensionamento con 41 anni di contributi senza limiti di età.

Meno risorse per la previdenza

Purtroppo il punto di partenza non è dei migliori. La legge di bilancio ha infatti mostrato ancora una volta che la previdenza serve a far cassa. I conti li ha fatti Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Confederazione di corso d’Italia: “A fronte di 726,4 milioni destinati in manovra per “quota 103”, opzione donna e la proroga dell’ape sociale, sono stati sottratti: 3,5 miliardi alla rivalutazione delle pensioni (17 miliardi nel triennio), 100 milioni al fondo per il pensionamento anticipato dei lavoratori precoci (90 milioni nel 2024) e 100 milioni al fondo per i lavori usuranti (90 milioni nel 2024), più altri 200 milioni per la soppressione del fondo di accompagnamento alla pensione per i 62enni delle piccole medie imprese”. La somma è presto fatta: “Il totale delle risorse recuperate sul capitolo previdenza ammonta a circa tre miliardi, altro che investimento”, chiosa Cigna.